La “questione animale” ha accompagnato la riflessione femminista fin dai suoi esordi. Le appassionate campagne antivivisezioniste di Anna B. Kingsford, Frances Power Cobbe, Lizzy Lind af Hageby nell’Inghilterra vittoriana, hanno infiammato – attraverso opuscoli, volantini, immagini proiettate dalle lanterne magiche – ampi strati dell’opinione pubblica. A queste autrici, poco note o dimenticate, sarà dedicata una piccola antologia in uno dei prossimi numeri della rivista. In questa introduzione mi limito a tracciarne brevemente i profili.
Anna B. Kingsford si laureò in medicina nel 1880, rifiutandosi di praticare la vivisezione, con una tesi sull’alimentazione vegetariana e per tutta la vita si dedicò alla denuncia dello sfruttamento degli animali. Instancabile antivivisezionista, convinta suffragista, affermò:
Flesh-eating and vivisection are in principle closely related, and both are defended by their advocates on common premises, of which the catch-cries are Utility and the Law of Nature 1.
Frances Power Cobbe, scrittrice e riformatrice sociale di origine irlandese, femminista e lesbica, fondò nel 1875 la National Anti-Vivisection Society, e nel 1898 la British Union for the Abolition of Vivisection, entrambe tutt’ora attive. In uno dei suoi numerosi pamphlet contro la vivisezione, scrisse:
The vindication of the rights of the weak, it is not too much, I think, to insist that the practiceof vivisection, in which this tyranny of strength culminates, is a retrograde step in the progress of our race; a backwater in the onward flowing stream of justice and mercy, no less portentous than deplorable. 2
Lizzy Lind af Hageby, femminista e animalista di origine svedese, cofondatrice dell’Animal Defense and Anti-Vivisection Society, si infiltrò durante le lezioni di fisiologia alla facoltà di medicina a Londra, documentò la crudeltà della vivisezione, testimonianza che portò al Brown Dog Affair 3.
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